MASSIMA
È censurabile in sede di legittimità l’interpretazione della polizza compiuta dal giudice di merito, quando tale interpretazione sia manifestamente illogica (1).
È contraria alla logica l’interpretazione d’un contratto di assicurazione del credito, per effetto della quale i pagamenti effettuati dal debitore dell’assicurato dopo la scadenza del periodo assicurativo debbano essere imputati non già ai crediti più antichi (il cui inadempimento era coperto dalla garanzia assicurativa), ma a quelli più recenti, maturati dopo lo scadere del periodo assicurativo (2).
INDICAZIONI
1) Sebbene sia pacifico, nella giurisprudenza di legittimità, che l’interpretazione del contratto adottata dal giudice di merito possa essere sindacata in sede di legittimità quando sia “manifestamente illogica”, non sono frequenti i casi di ricorsi accolti sotto questo profilo. Nel caso deciso dalla sentenza in rassegna, secondo l’interpretazione adottata dal giudice di merito, i pagamenti effettuati dal debitore dell’assicurato a quest’ultimo, eseguiti dopo lo scadere del contratto, si sarebbero dovuti imputare non già ai crediti maturati durante la vigenza di questo (il che, ovviamente, avrebbe ridotto l’esposizione indennitaria dell’assicuratore), ma a quelli maturati dopo: un’interpretazione, ad avviso della Corte di Cassazione, incoerente con l’obbligo di salvataggio di cui all’art. 1914 c.c., il quale nell’assicurazione contro il rischio di insolvenza si sostanzia nel dovere di astenersi dal fare credito ad un cliente già in stato di decozione.
Sulla sindacabilità in sede di legittimità delle interpretazioni contrattuali “illogiche” si vedano, tra le tante, Cass. 18 maggio 2016, n. 10271; Cass. 31 maggio 2012, n. 13242; Cass. 22 febbraio 2007, n. 4178. Il principio ripetutamente affermato in queste e molte altre sentenze, è che l’interpretazione del contratto è un’attività riservata al giudice di merito, ed è censurabile in sede di legittimità soltanto per violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale ovvero per vizi di motivazione, qualora la stessa risulti contraria a logica o incongrua, cioè tale da non consentire il controllo del procedimento logico seguito per giungere alla decisione.
L’ultima delle decisioni appena ricordate precisa altresì – ma anche questo è principio consolidato – che ai fini della censura di violazione dei canoni ermeneutici, non è sufficiente l’astratto riferimento alle regole legali di interpretazione, ma è necessaria la specificazione dei canoni in concreto violati, con la precisazione del modo e delle considerazioni attraverso i quali il giudice se ne è discostato, nonché, in ossequio al principio di specificità ed autosufficienza del ricorso, con la trascrizione del testo integrale della regolamentazione pattizia del rapporto o della parte in contestazione, ancorché la sentenza abbia fatto ad essa riferimento, riproducendone solo in parte il contenuto, qualora ciò non consenta una sicura ricostruzione del diverso significato che ad essa il ricorrente pretenda di attribuire. La denuncia del vizio di motivazione dev’essere invece effettuata mediante la precisa indicazione delle lacune argomentative, ovvero delle illogicità consistenti nell’attribuzione agli elementi di giudizio di un significato estraneo al senso comune, oppure con l’indicazione dei punti inficiati da mancanza di coerenza logica, e cioè connotati da un’assoluta incompatibilità razionale degli argomenti, sempre che questi vizi emergano appunto dal ragionamento logico svolto dal giudice di merito, quale risulta dalla sentenza. In ogni caso, per sottrarsi al sindacato di legittimità, non è necessario che quella data dal giudice sia l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, sicché, quando di una clausola siano possibili due o più interpretazioni, non è consentito alla parte, che aveva proposto l’interpretazione disattesa dal giudice, dolersi in sede di legittimità del fatto che ne sia stata privilegiata un’altra.
(2) Non consta alcun precedente su fattispecie analoga.
Sull’assicurazione del credito e sulla peculiarità delle clausole che la connotano, si vedano, ex aliis, B. Manfredonia, Assicurazione del credito e buona fede: a proposito di interpretazione sistematica e assiologica del contratto, in Contr., 2014, 7; C. Arlechino-N. De Luca, Clausole di regolazione del premio nell’assicura-zione del credito: «autonomia» o «accessorietà» del conguaglio e supplementi nelle assicurazioni mutue, in Dir. econ. assic., 2007, 501; G.B. Barillà, Polizza fideiussoria e assicurazione del credito tra attività bancaria e assicurativa: funzione di garanzia e profili atipici, in Banca, borsa, tit. cred., 2005, II, 508; G. Bollino, Questioni in tema di assicurazione del credito, in Giur. it., 1983, I, 1, 1318.
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