Il presente scritto mira ad evidenziare gli aspetti principali della fonte normativa “atti delegati” introdotta dal Trattato di Lisbona. Particolare importanza assumono i limiti e le condizioni che devono circoscrivere il potere normativo trasferito alla Commissione, al fine di evitare un sovvertimento dell’assetto istituzionale voluto dal Trattato ed in particolare al fine di salvaguardare le prerogative del Parlamento europeo. L’esigenza della delega di poteri normativi si impone nel sistema UE per una più rapida ed efficace normazione. La IDD contiene varie disposizioni che prevedono l’adozione di atti delegati da parte della Commissione europea. Si sottolinea l’importanza che la Commissione si limiti – in virtù dei princìpi – a specificare le norme poste dalla direttiva, senza creare obblighi aggiuntivi in capo agli assicuratori ed agli intermediari, altrimenti generandosi una invalidità pro parte qua degli atti delegati. Si pongono in risalto le criticità che circondano la norma della direttiva che attribuisce il potere alla Commissione di adottare atti delegati in tema di conflitti di interessi.
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1. Gli atti delegati come strumenti di maggiore efficacia del processo legislativo UE - 2. L'introduzione degli atti delegati e la riforma della 'comitologia' - 3. Rapporti tra 'atto di base' e atto di attuazione - 4. Distinzione tra atti di attuazione e atti di esecuzione - 5. Cenni sulla natura degli atti di esecuzione - 6. Natura, carattere e limiti della delega - 7. L'adozione di atti delegati secondo la direttiva IDD: pretese di specificazione della Commissione e criticità - NOTE
All’art. 290 del TFUE si prevede che: “1. Un atto legislativo può delegare alla Commissione il potere di adottare atti non legislativi di portata generale che integrano o modificano determinati elementi non essenziali dell’atto legislativo. 2. Gli atti legislativi delimitano esplicitamente gli obiettivi, il contenuto, la portata e la durata della delega di potere. Gli elementi essenziali di un settore sono riservati all’atto legislativo e non possono pertanto essere oggetto di delega di potere. Gli atti legislativi fissano esplicitamente le condizioni cui è soggetta la delega, che possono essere le seguenti: a) il Parlamento europeo o il Consiglio possono decidere di revocare la delega; b) l’atto delegato può entrare in vigore soltanto se, entro il termine fissato dall’atto legislativo, il Parlamento europeo o il Consiglio non sollevano obie Ai fini delle lett. a) e b), il Parlamento europeo delibera a maggioranza dei membri che lo compongono e il Consiglio delibera a maggioranza qualificata. 3. L’aggettivo ‘delegato’ o ‘delegata’ è inserito nel titolo degli atti delegati”. Il Trattato, in pratica, conferisce al legislatore (congiuntamente al Parlamento europeo ed al Consiglio in caso di procedura legislativa ordinaria, ad una sola delle due istituzioni in caso di procedura legislativa speciale) la possibilità di delegare alla Commissione, a determinate condizioni, l’adozione di atti giuridici vincolanti. Particolare importanza assumono i limiti previsti dalla su riportata disposizione. Innanzitutto va evidenziato che la delega rappresenta un’opzione concessa al legislatore. L’attribuzione o meno della delega dipenderà pertanto da una valutazione politica, legata alla volontà del Parlamento europeo e del Consiglio di non addentrarsi in questioni che potrebbero essere affrontate, in modo più proficuo, dall’Esecutivo, ossia dalla Commissione. Come si evince dalla Relazione sul potere di delega legislativa della Commissione giuridica del Parlamento europeo (Relatore Jòzsef Szàjer): “L’obiettivo della delega di potere da parte del legislatore è di garantire che la legislazione possa restare semplice e nel contempo essere completata e aggiornata senza dover ricorrere a ripetute procedure legislative, che potrebbero risultare esageratamente [continua ..]
La riforma introdotta dal Trattato di Lisbona in punto di atti delegati e, come diremo, di atti di esecuzione non può essere pienamente compresa se si prescinde da un sistema, quello della c.d. “comitologia”, che ha rappresentato e continua a rappresentare l’humus sul quale i detti atti si innestano. Il fondamento giuridico della stessa si rinveniva nell’art. 202 TCE: “Per assicurare il raggiungimento degli scopi stabiliti dal presente Trattato e alle condizioni da questo previste, il Consiglio: (…) – conferisce alla Commissione, negli atti che esso adotta, le competenze di esecuzione delle norme che stabilisce. Il Consiglio può sottoporre l’esercizio di tali competenze a determinate modalità. Il Consiglio può anche riservarsi, in casi specifici, di esercitare direttamente competenze di esecuzione. Le suddette modalità devono rispondere ai princìpi e alle norme che il Consiglio, deliberando all’unanimità su proposta della Commissione previo parere del Parlamento europeo, avrà stabilito in via preliminare”. L’esercizio delle competenze di esecuzione era normalmente di competenza del Consiglio, il quale poteva decidere di affidarlo alla Commissione, la quale era chiamata a seguire le norme procedurali disciplinate dalla decisione 1999/468/CE del Consiglio recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (modificata dalla decisione 2006/512/CE). Con il termine “comitologia” si indica dunque il complesso sistema attraverso il quale la Commissione, nell’esercitare le competenze di esecuzione, viene affiancata da organi collegiali esterni, i comitati, presieduti da funzionari della Commissione e formati da funzionari di settore rappresentanti di Stati membri. Tali comitati erano (e sono) dunque “assistenti” della Commissione nell’esercizio dei compiti di esecuzione, talvolta con funzione consultiva e talvolta con funzione deliberante. Le procedure individuate erano: la procedura consultiva, la procedura di gestione, la procedura di salvaguardia, la procedura di regolamentazione e la procedura di regolamentazione con controllo. In linea generale la Commissione, istituzione incaricata dell’esecuzione, preparava un progetto relativo alla misura esecutiva e lo sottoponeva al Comitato competente. Seguiva l’adozione [continua ..]
È noto che tra gli atti tipici elencati all’art. 288 TFUE non esiste un rapporto gerarchico legato al tipo di atto considerato. L’unica gerarchia rinvenibile è quella esistente tra atti legislativi (art. 288 TFUE) e atti non legislativi, distinguibili, come si è visto, in atti delegati (art. 290 TFUE) ed atti di esecuzione (art. 291 TFUE). Questo assetto gerarchico non nasce però con il Trattato di Lisbona. Esso era già evidente nel regime precedente, fondato sull’art. 202 TCE. Un principio fondamentale che guida il rapporto tra atto di attuazione ed atto di base afferma che l’atto di attuazione deve in ogni caso rispettare le regole procedurali e materiali poste dall’atto di base. La Corte di Giustizia ha giudicato, in particolare con la sentenza 16 giugno 1987, causa C-46/86 Romkes vs. Officier van Justitie [3], che l’atto di attuazione deve rispettare gli elementi fondamentali contenuti nell’atto di base. In caso contrario, esso è soggetto ad annullamento da parte della Corte di Giustizia o, se del caso, del Tribunale UE. Peraltro la stessa Corte ha sancito che la deroga da parte dell’atto di attuazione dell’atto di base è possibile ove ciò sia previsto dall’atto di base stesso ed a condizione che ciò sia coerente con il suo sistema ed i suoi elementi essenziali [4].
Vengo ora alla distinzione tra atti di attuazione (delegati) e di esecuzione: si nota come entrambi siano atti di secondo grado rispetto ad un atto di base, ma il Trattato di Lisbona ha introdotto importanti innovazioni rispetto al quadro previgente, perché, da un lato, gli artt. 290 e 291 TFUE stabiliscono procedure e condizioni diverse per le due categorie di atti e, dall’altro, impongono di includere nel titolo degli atti di attuazione (o atti delegati) l’espressa indicazione “atti delegati” e nel titolo degli atti di esecuzione l’espressa indicazione “atti di esecuzione”. Secondo la giurisprudenza della Corte di Giustizia “il legislatore dell’Unione, quando decide di attribuire alla Commissione un potere delegato ai sensi dell’art. 290, § 1, TFUE o un potere di esecuzione ai sensi dell’art. 291, § 2, TFUE, dispone di un potere discrezionale” (sentenza 18 marzo 2014, causa C-427/12, Parlamento c. Consiglio, punto 40). Al riguardo è significativa la sentenza 18 marzo 2014, causa C-427/12, Commissione c. Parlamento europeo e Consiglio. La controversia traeva origine da un ricorso per annullamento presentato dalla Commissione per violazione degli artt. 290 e 291 TFUE; nello specifico l’art. 80, reg. n. 528/2012, recante disposizioni sulla commercializzazione e sull’uso dei biocidi, era ritenuto invalido dalla Commissione perché prevedeva l’adozione di un atto di esecuzione mentre, ad avviso della stessa, lo strumento più idoneo era l’atto delegato. Interessante risulta essere l’analisi condotta dall’Avvocato generale della Corte. Questi ha sottolineato come gli atti delegati si collochino all’interno della fase normativa volta al perfezionamento dell’attività svolta da Parlamento europeo e Consiglio, mentre gli atti di esecuzione appartengono ad una fase successiva. Gli ambiti sarebbero talmente diversi che il legislatore europeo non potrebbe operare la scelta del tipo di atto a piacimento e secondo la propria pura discrezionalità, essendo necessario valutare caso per caso, in relazione a quanto stabilito e normato nell’atto base.
Per completezza mette conto analizzare gli atti di esecuzione disciplinati dall’art. 291 TFUE. Tale articolo dispone: “1. Gli Stati membri adottano tutte le misure di diritto interno necessarie per l’attuazione degli atti giuridicamente vincolanti dell’Unione. 2. Allorcheì sono necessarie condizioni uniformi di esecuzione degli atti giuridicamente vincolanti dell’Unione, questi conferiscono competenze di esecuzione alla Commissione o, in casi specifici debitamente motivati e nelle circostanze previste agli artt. 24 e 26 del Trattato sull’Unione Europea, al Consiglio. 3. Ai fini del § 2, il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando mediante regolamenti secondo la procedura legislativa ordinaria, stabiliscono preventivamente le regole e i princìpi generali relativi alle modalitaÌ di controllo da parte degli Stati membri dell’esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione. 4. I termini ‘di esecuzione’ sono inseriti nel titolo degli atti di esecuzione”. L’articolo in esame enuncia in prima battuta il principio secondo il quale sono gli Stati membri i soggetti deputati all’attuazione delle norme europee all’interno del loro rispettivo territorio, così come chiarito dallo stesso art. 4(3.2) TUE: “Gli Stati membri adottano ogni misura di carattere generale o particolare atta ad assicurare l’attuazione degli obblighi derivanti dai Trattati o conseguenti agli atti delle istituzioni dell’Unione”. Tuttavia, nel caso in cui ciò non sia possibile e sia preferibile un intervento comunitario per garantire condizioni uniformi di esecuzione degli atti giuridicamente vincolanti, tali stessi atti conferiscono esplicitamente alla Commissione il potere di adottare misure di attuazione per un atto giuridico: ciò non deriva dalla mera discrezionalità del legislatore europeo (come accade invece per gli atti delegati), ma dall’esistenza di una causa oggettiva che è costituita, appunto, dalla necessità di condizioni uniformi. Gli atti di esecuzione sono dunque atti meramente esecutivi di atti giuridicamente vincolanti (quindi non solo degli atti legislativi) emessi dall’Unione Europea e costituiscono un’eccezione al principio che vede gli Stati impegnati nell’attuazione delle norme europee. Lo stesso articolo prevede che [continua ..]
Tornando ora alla materia degli atti delegati, si nota che l’art. 290 TFUE prevede una generale facoltà del legislatore europeo, esercitabile in qualunque materia, di delegare la Commissione ad “adottare atti non legislativi di portata generale che integrano o modificano determinati elementi non essenziali dell’atto legislativo”. Tale potere è stato poi disciplinato dall’intesa del 15 aprile 2011 tra Parlamento, Commissione e Consiglio in materia di delega di poteri legislativi alla Commissione e più di recente dall’accordo interistituzionale “Legiferare meglio” del 13 aprile 2016. Altro tratto da segnalare è la necessità di delega espressa nell’atto legislativo di base come pure il potere della sola Commissione di adottare atti delegati. Abbiamo precedentemente visto che il Trattato di Lisbona ha semplificato il sistema della comitologia, introducendo il concetto di atti non legislativi distinguibili in atti delegati, per i quali la Commissione non ricorre ai Comitati, e in atti di esecuzione, già analizzati, dove si applica ancora la comitologia, seppure razionalizzata. Il Trattato di Lisbona, attraverso l’art. 290 TFUE, conferisce al legislatore la possibilità di delegare alla Commissione l’adozione di atti vincolanti, chiamati atti delegati: essa viene dotata del potere di integrare o modificare elementi non essenziali dell’atto di base ossia è chiamata a definire particolarità dell’atto base seppure nei limiti previsti dal legislatore europeo. Si realizza, in questo modo, uno spostamento della funzione legislativa alla Commissione. Tale delega, che è un’opzione esercitabile a discrezione del legislatore europeo, non è tuttavia illimitata: la Commissione può integrare con norme di dettaglio o modificare elementi non essenziali dell’atto di base, nei limiti in esso definiti. La delega deve inoltre essere chiara e precisa: l’atto legislativo di base deve infatti contenere obiettivi, contenuto, scopo e durata della delega assegnata alla Commissione, oltre alle condizioni alle quali essa viene esercitata [5]. Al riguardo la Corte di Giustizia dell’Unione Europea nella sentenza della Corte (VI Sezione) del 6 luglio 2000 Molkereigenossenschaft Wiedergeltingen (C-536/97) ha stabilito che solo le disposizioni che hanno ad oggetto gli orientamenti [continua ..]
La direttiva IDD contiene a più riprese norme che prevedono l’adozione di atti delegati da parte della Commissione. Alla luce delle considerazioni di carattere generale sopra svolte, dovrebbe risultarne ora agevole l’inquadramento e l’interpretazione. Riscontriamo la previsione dell’adozione di atti delegati in quattro disposizioni della IDD. Per comodità del lettore le riporteremo per stralcio qui di seguito. L’art. 25 “Requisiti in materia di governo e controllo del prodotto”, dopo aver precisato al par. 1 che “Le imprese assicurative, così come gli intermediari che realizzano prodotti assicurativi da offrire in vendita ai clienti, adottano, gestiscono e controllano un processo di approvazione per ciascun prodotto assicurativo o per ogni modifica significativa di un prodotto assicurativo esistente, prima che sia commercializzato o distribuito ai clienti” stabilisce al § 2 che “Alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati conformemente all’art. 38 per precisare ulteriormente i princìpi enunciati nel presente articolo, tenendo conto in modo proporzionale delle attività svolte, della natura dei prodotti assicurativi venduti e delle caratteristiche del distributore”. L’art. 28 “Conflitti di interesse” dopo aver specificato al § 1 che “Gli Stati membri garantiscono che gli intermediari assicurativi e le imprese di assicurazione adottino ogni misura appropriata per identificare i conflitti di interesse che potrebbero insorgere tra loro, inclusi i dirigenti e i dipendenti, o qualsiasi persona direttamente o indirettamente controllata, e i loro clienti o tra due clienti al momento della prestazione di qualsiasi attività di distribuzione assicurativa” dispone al § 4 che: “Alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati conformemente all’art. 38 al fine di: a) definire le misure che si possono ragionevolmente richiedere agli intermediari assicurativi e alle imprese di assicurazione per rilevare, prevenire, gestire e divulgare i conflitti di interesse quando svolgono attività di distribuzione assicurativa; b) stabilire opportuni criteri per determinare i tipi di conflitto di interesse la cui esistenza potrebbe ledere gli interessi dei clienti o potenziali clienti degli intermediari assicurativi o delle [continua ..]