(Sez. III) – 18 febbraio 2016, n. 3173 – Pres. Chiarini, Est. Rossetti, P.M. Pratis (conf.) – F. (avv. Di Porto) c. D’A. ed altri.
(Sentenza impugnata: App. Napoli 7 luglio 2011)
Nell’assicurazione della responsabilità civile il massimale non è elemento essenziale del contratto di assicurazione, che può essere validamente stipulato senza la relativa pattuizione, e neppure costituisce fatto generatore del credito assicurato, configurandosi piuttosto come elemento limitativo dell’obbligo dell’assicuratore, sicché grava su quest’ultimo l’onere di provare l’esistenza e la misura del massimale, dovendosi altrimenti accogliere la domanda di garanzia proposta dall’assicurato a prescindere da qualsiasi limite di massimale (1).
(1) La sentenza si pone in motivato dissenso con quanto ritenuto da Cass., Sez. III, 17 maggio 2011, n. 10811, in questa Rivista, 2011, II, 536.
Nello stesso senso della sentenza qui in rassegna si veda invece Cass., Sez. III, 31 luglio 2006, n. 17459, in Arch. circol., 2007, 257, secondo cui la sussistenza e l’entità del massimale dipende dalla libera volontà negoziale delle parti: sicché, quando l’assicurato chieda di essere garantito, nei confronti del danneggiato, dall’assicuratore, è quest’ultimo che ha l’onere di provare, mediante esibizione della polizza, i fatti posti a fondamento della sua eccezione (art. 2697 c.c.), ossia che il massimale pattuito tra le parti del contratto di assicurazione all’epoca del sinistro è inferiore rispetto a quello enunciato dall’assicurato.
Nel diverso rapporto tra assicuratore della r.c.a. e terzo danneggiato, invece, è pacifico che spetti a quest’ultimo l’onere di provare la misura del massimale (Cass., Sez. III, 28 settembre 2012, n. 16541, in Giust. civ., 2013, I, 1035).
La Corte ecc. (Omissis).
FATTO
1. Il 6 agosto 1992 L.V. si sottopose ad un intervento di rimozione di ernia ombelicale e conseguente addominoplastica.
L’intervento venne eseguito dal dott. F.F. all’interno del presidio ospedaliero di Gragnano, gestito dalla Unità Sanitaria Locale USL n. 35 della Campania.
Il 7 agosto 1992 la paziente morì per collasso cardiocircolatorio.
2. Nel 1994 G.B., marito della donna, convenne dinanzi al Tribunale di Torre Annunziata F.F. e la USL/35 Campania, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni patiti in conseguenza della morte della moglie.
In corso di causa intervennero altri tredici congiunti della vittima (figli, generi e nuore, nipoti ex filio), chiedendo anch’essi – tanto in proprio, quanto nella veste di rappresentanti ex art. 320 c.c. dei figli minori – la condanna dei convenuti al risarcimento dei danni rispettivamente patiti.
Il convenuto F.F. chiamò in causa il proprio assicuratore della responsabilità civile, la società Fondiaria-SAI S.p.A.
Nel corso del giudizio di primo grado vennero disposte due consulenze tecniche d’ufficio, affidate a due diversi [continua..]