L’assicurazione contro l’invalidità permanente da malattia – al pari di quella per l’infortunio non mortale, dalla quale si differenzia solo perché il danno alla persona deriva da un processo morboso “interno” alla stessa e non da un fattore causale “esterno” ad essa – rientra nell’ambito dell’assicurazione contro i danni, che non è solo assicurazione di cose o patrimoni, ma si caratterizza anche come assicurazione di persone, e, pertanto, ricade nell’ambito di applicazione del principio indennitario, in virtù del quale l’indennizzo non può mai eccedere il danno effettivamente patito. (In applicazione di tale principio la S.C., con riferimento ad un caso in cui erano state stipulate due polizze contro l’invalidità permanente da malattia, prive di collegamento negoziale o di previsioni specifiche sulla loro cumulabilità, ha confermato la decisione impugnata che aveva ritenuto trattarsi di due assicurazioni relative al medesimo rischio ma con diversa quantificazione predeterminata del danno, sicché, in forza del principio indennitario, l’importo complessivamente liquidabile non poteva quantificarsi in misura pari alla sommatoria degli importi assicurati con le due polizze, ma doveva necessariamente corrispondere al danno effettivo, da individuarsi nella misura predeterminata dalla polizza che assicurava l’importo maggiore)(1).
(Sentenza impugnata: App. Milano 24 febbraio 2016) (1) La sentenza si segnala per la novità e l’importanza di vari princìpi in essa affermati, e cioè:
- a) che l’assicurazione contro le malattie professionale rientra nel genus dell’assicurazione danni;
- b) che nel caso di plurime assicurazioni per il medesimo rischio “malattia”, è dovuto solo l’indennizzo previsto dalla polizza di maggior valore, salvo patto contrario.
La prima affermazione costituisce applicazione dei princìpi già stabiliti da Cass. civ., Sez. Un., 10 aprile 2002, n. 5119, in questa Rivista, 2002, II, 2, 105, nella quale si affermò che tutte le assicurazioni si dividono in assicurazioni contro i danni ed assicurazioni della vita, senza la possibilità di concepite tertia genera; e che di conseguenza quel che non rientra nell’una categoria, rientra nell’altra. E poiché nell’assicurazione vita rientrano solo le assicurazioni in cui il pagamento dell’indennizzo dipende dalla morte o dalla sopravvivenza, era inevitabile nel caso di specie concludere – a men di non rimettere in discussione l’arresto delle Sezioni Unite – che l’assicurazione contro il rischio di malattia rientra nel genus dell’assicurazione contro i danni, ed è di conseguenza soggetta al principio indennitario. La seconda affermazione è una novità, ma costituisce anch’essa sviluppo dei princìpi affermati da Cass. n. 5119/2002. cit. La Corte, infatti, nella sentenza qui in rassegna, ha espressamente assimilato la polizza malattia ad una polizza stimata, ai sensi dell’art. 1908 c.c., con la conseguenza che il valore della “cosa” assicurata deve ritenersi pari a quello indicato dalle parti. Pertanto, se l’assicurato stipula più polizze a copertura del medesimo rischio, il valore convenzionale non può che essere quello più elevato: salva, in questo caso, la possibilità per le parti di precisare che quel valore deve considerarsi una stima non integrale, e che quindi la parte di danno non coperta da quella polizza potrà essere coperta da altre e diverse polizze.
La Corte ecc. (Omissis).
FATTI DI CAUSA
Nell’anno 2011 G.A. e la GDP Prepress s.r.l. citavano dinanzi al Tribunaledi Milano la Zurich Insurance Public Limited Company - Compagnia di Assicurazioni per sentirla condannare al pagamento dell’importo di euro 300.000,00, costituente la somma assicurata, per il rischio invalidità permanente da malattia, con una polizza (n. 109H8781) sottoscritta nell’anno 2005 dalla GDP Prepress s.r.l. con la BPU Assicurazioni (che successivamente mutava la propria denominazione in UBI Assicurazioni e che, nel 2008, cedeva la detta polizza alla Zurich), avente come beneficiario appunto il sig. G.A.
Con sentenza n. 2176/2013, pubblicata il 14 febbraio 2013, il Tribunale di Milano, accertata l’operatività della polizza, condannava la società convenuta alla corresponsione in favore di S.A., C.B., in proprio e nella qualità di esercente la potestà sulla figlia minore B.A. (che avevano riassunto il giudizio quali eredi di G.A., deceduto in corso di causa), della somma di euro 93.417,24, oltre interessi dalla richiesta al saldo, pari alla differenza tra la somma assicurata con la polizza in questione e la somma già riscossa in virtù di altra polizza (n. 109H7366) sottoscritta nell’anno 1993, a copertura sempre del rischio di invalidità permanente da malattia, dall’A. con la compagnia Mare Assicurazioni S.p.A. (che successivamente modificava la propria ragione sociale prima in BPU Assicurazioni e poi in UBI Assicurazioni S.p.A. e che, nel 2008, cedeva anche tale polizza alla Zurich).Avverso tale sentenza proponevano appello S.A. e C.B., quest’ultima in proprio e nella qualità di esercente la potestà sulla figlia minore, lamentando l’erroneità della decisione di primo grado sia nella parte in cui aveva esclusorilevanza all’art. 34 del contratto assicurativo (il quale, vietando espressamente il cumulo tra polizze infortuni e polizze malattie, doveva essere inteso, secondo gli appellanti, nel senso che la compagnia aveva deciso di assumere il rischio di entrambe le polizze, in quanto relative al solo rischio malattia), sia nella parte in cui aveva ritenuto applicabile alla fattispecie l’art. 1910 c.c., che regola il diverso caso in cui il medesimo rischio sia assicurato presso più assicuratori e non l’ipotesi, come quella di specie, di due polizze, relative al medesimo rischio, stipulate con la stessa compagnia assicurativa. Deduceva altresì che la sentenza impugnata aveva errato nel ritenere l’ammontare del danno pari ad euro 300.000,00, in quanto l’assicurazione contro gli infortuni, alla quale è assimilabile quella per invalidità permanente da malattia, non sarebbe equiparabile alla assicurazione contro i danni.Con sentenza n. 702/2016, depositata il 24 febbraio 2016, la Corte d’appello respingeva il gravame, condannando [continua..]