I
Corte Suprema di Cassazione *
(Sez. III) – 17 febbraio 2014, n. 3622 – Pres. Russo, Est. Lanzillo, P.M. Golia (conf.) – I. (avv. Di Gravio) c. Zurich Insurance Co. S.A. (avv. Lauro Grotto)
(Sentenza impugnata: App. Roma 31 luglio 2007)
Ass. responsabilità civile – Clausola claims made c.d. “pregressa” – Validità – Sussistenza.
È valida ed efficace la clausola, inserita in un contratto di assicurazione della responsabilità civile del professionista, in virtù della quale l’assicuratore si obbliga a tenere indenne l’assicurato delle conseguenze anche dei fatti illeciti da quest’ultimo eventualmente commessi prima della stipula del contratto, purché ignoti all’assicurato, se la richiesta risarcitoria del terzo danneggiato gli pervenga durante il periodo di efficacia della polizza (c.d. clausola claims made “pregressa”) (1).
II
Corte Suprema di Cassazione *
(Sez. III) – 13 marzo 2014, n. 5791 – Pres. Russo, Est. Rossetti, P.M. Golia (conf.) – D. (avv. Romano ed altro) c. Allianz RAS S.p.A. (n.c.)
(Sentenza impugnata: App. Milano 13 febbraio 2007)
Assicurazione (contratto) – Responsabilità civile professionale – Avveramento del sinistro – Fattispecie.
Ai fini della validità del contratto di assicurazione della responsabilità civile, non è consentita l’assicurazione di un rischio i cui presupposti causali si siano già verificati al momento della stipula, dovendo essere futuro rispetto a tale momento non il prodursi del danno, quanto l’avversarsi della causa di esso, senza che rilevi che il concreto pregiudizio patrimoniale si sia poi verificato dopo la conclusione del contratto, in quanto conseguenza inevitabile di fatti già avvenuti in precedenza (in applicazione di tale principîo, la Suprema Corte ha cassato la sentenza di merito la quale, in ipotesi di assicurazione della responsabilità professionale di un avvocato, aveva escluso l’obbligo indennitario dell’assicuratore, essendo accaduto durante il tempo dell’assicurazione, agli effetti dell’art. 1917 c.c., il fatto della proposizione di un appello tardivo, ma non anche il deposito della sentenza che ne dichiarava l’intempestività) (2).
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1. Premessa - 2. Il “fatto accaduto durante il tempo dell’assicurazione”: la regola legale - 3. La assicurabilità di “fatti accaduti prima della durata dell’assicurazione” - 4. (Segue). L’assicurazione del rischio putativo e la copertura retroattiva - 5. Ulteriori luci ed ombre della sentenza n. 3622/2014 - NOTE
Le due sentenze che si propongono in rassegna trattano questioni diverse, ma logicamente collegate, nell’ambito della assicurazione dei rischi professionali: la prima (n. 3622/2014) affronta la questione della validità delle clausole claims made per responsabilità dell’assicurato scaturenti da fatti commessi prima della stipula del contratto (c.d. prior acts coverage); la seconda (n. 5791/2014) affronta la questione relativa all’interpretazione dell’espressione “fatto accaduto durante il tempo dell’assicurazione” (art. 1917, comma 1, c.c.), per chiarire se essa attenga all’evento causa del danno (act committed) o al danno che segue all’evento (loss occurrence). Le soluzioni offerte dalla Cassazione alle due questioni giuridiche sono tra loro compatibili, qualora la definizione di “fatto accaduto durante il tempo dell’assicurazione”, ricavabile dalla legge, non sia di per sé ostativa ad una definizione pattizia del fatto rilevante ai fini dell’insorgenza dell’obbligazione indennitaria, e cioè del sinistro o del rischio assicurato. Al riguardo, la pronuncia d’appello cassata dalla sentenza n. 5791/2014 aveva dichiarato di “volere decidere la questione ad essa sottoposta ‘in conformità al solo dettato dell’articolo 1917 primo comma c.c.’, e cioè a prescindere dall’esistenza d’eventuali clausole contrattuali che derogassero a tale previsione”. La sentenza n. 5791/2014 non ha dunque ragione per affrontare la questione della derogabilità pattizia della norma di legge di cui fornisce l’interpretazione, diversamente dalla sentenza n. 3622/2014 che, invece, la affronta in via principale risolvendola affermativamente. Dalla motivazione della sentenza n. 5791/2014 emerge tuttavia chiaramente che, ove la medesima questione fosse sottoposta nuovamente alla Suprema Corte, riceverebbe soluzione certamente negativa. Il conflitto tra le motivazioni delle due sentenze è motivo di sorpresa, considerando che le stesse non solo sono state pubblicate a meno di un mese di distanza l’una dall’altra, ma provengono entrambe dalla III Sezione della Suprema Corte, con identica composizione per i quattro quinti e medesimo presidente, nonché relazione conforme del medesimo pubblico ministero: ovviamente, [continua ..]
La sentenza più recente (n. 5791/2014, relatore Rossetti) si chiede se, alla luce dell’art. 1917, comma 1, c.c., il “fatto accaduto durante il tempo dell’assicurazione” coincida con l’azione del professionista o con l’illecito civile che questa azione è idonea a produrre, ossia con la realizzazione del danno. Nel diritto inglese, e così nella prassi internazionale, si indica il primo momento con l’espressione “act committed” e il secondo con “loss occurrence”; inoltre si indica con l’espressione “claims made” o “first claim made” la prima manifestazione della volontà del terzo danneggiato di fare valere i propri diritti. Le civil liability policies possono essere stipulate con riferimento all’uno, all’altro o all’altro momento ancora, e ovviamente il testo della polizza è essenziale per la definizione del rischio assicurato [2], cioè – come la Cassazione stessa ben spiega – quell’evento futuro e incerto al cui verificarsi l’assicuratore è tenuto al pagamento dell’indennizzo. Secondo la sentenza n. 5791/2014, nel diritto assicurativo italiano, vi sarebbe invece una indicazione legislativa a favore della prima soluzione (il sistema opererebbe, dunque, naturalmente on an act committed basis), da applicare tutte le volte in cui le parti non abbiano diversamente disposto; e sempre che disporre diversamente sia legittimo. Nel concreto, la sentenza n. 5791/2014 ritiene che quando si tratti di fare valere la responsabilità di un professionista, nel caso di specie di un avvocato, il fatto accaduto durante il tempo dell’assicurazione coincida con il compimento dell’errore professionale (l’avere lasciato decorrere il termine per la proposizione dell’appello, ad esempio), non con l’accertamento delle conseguenze di quell’errore (la sentenza che accerta l’inammissibilità dell’appello e condanna alle spese), né con la richiesta di risarcimento del danno avanzata da chi sopporta le conseguenze dell’illecito (il cliente). La Corte d’appello di Milano, nella sentenza cassata (e severamente criticata), aveva invece individuato tale fatto nella sentenza di condanna, perché – a dire dei giudici milanesi – solo da questa può con certezza [continua ..]
La sentenza n. 3622/2014, relatrice Lanzillo [7], cassa una pronuncia della Corte d’appello di Roma la quale aveva reputato invalida una clausola claims made, inserita in una polizza di assicurazione per i rischi professionali di dottori commercialisti, “con la motivazione che l’alea coperta dalla garanzia deve riguardare un evento futuro ed incerto; non un evento già verificatosi prima della conclusione del contratto, e che nella specie non risulta essere stata pattuita alcuna deroga al principîo di cui all’articolo 1917 c.c.”. È bene notare che questo argomento non è isolato nella giurisprudenza delle corti romane, anzi costituisce l’elemento di aggregazione di un filone giurisprudenziale consolidato (al quale, come già rilevato, ha decisivamente contribuito il Consigliere Rossetti, estensore dell’altra sentenza in commento), sebbene ampiamente criticato in dottrina [8]. La Cassazione, ponendosi sulla scia dei suoi due precedenti in argomento (n. 5624/2005; n. 7273/2013; ulteriormente confermati da Cass. 13 febbraio 2015, n. 2872), sovverte tale linea affermando che “la clausola claims made, contenuta in un contratto di assicurazione per la responsabilità civile di un professionista, è valida ed efficace e non può ritenersi che sia nulla per inesistenza del rischio, in quanto l’alea riguarda i comportamenti passati non nella loro materialità, ma nella consapevolezza, da parte dell’assicurato, che si ha solo al momento della richiesta risarcitoria” [9]. Il conflitto con la sentenza di cui già si è riferito è lampante e a doversi condividere è quella appena trascritta, che ammette la validità della clausola claims made anche con riferimento a fatti accaduti, nella loro materialità, prima della durata dell’assicurazione (act committed), ma i cui effetti dannosi (loss occurrence) o le cui richieste risarcitorie (claims made) sono ignote all’assicurato al momento della stipula. Come anticipato, per comprendere appieno la portata innovatrice di questa pronuncia, è opportuno riprendere un importante passaggio della sentenza n. 5791/2014, relatore Rossetti, nella quale si afferma che “con limitate eccezioni previste dalla legge (ad es., l’articolo 514 codice navale, che ammette l’assicurabilità del rischio [continua ..]
La sentenza n. 3622/2014 respinge l’argomento secondo cui non potrebbero essere assicurati fatti accaduti prima della durata dell’assicurazione, ma che non hanno manifestato le conseguenze dannose o non hanno dato luogo a richieste di risarcimento entro il medesimo tempo, rilevando che “in realtà nel caso in esame un’alea esiste ... e concerne non la possibilità che l’assicurato tenga comportamenti colposi, ma che li abbia commessi in passato, pur non essendo ancora a conoscenza della loro illiceità o idoneità a produrre danno”. D’altronde, aggiunge la Suprema Corte, “l’estensione della copertura ai comportamenti anteriori alla stipulazione della polizza è frutto di una precisa scelta dell’assicuratore, che di sua iniziativa inserisce la clausola fra le condizioni generali di contratto (presumibilmente a fini promozionali), sulla base di una consapevole valutazione dei rischi, che peraltro vengono sapientemente circoscritti tramite altre disposizioni”. Prescindendo al momento dalla rilevanza dell’alea nell’assicurazione, questione che richiederebbe ben altro spazio, entrambi gli argomenti della Suprema Corte devono essere condivisi. Un’interessante ricerca di qualche anno fa, in materia di rischio putativo nelle assicurazioni marittime [11], ha ricordato come tanto la previsione dell’art. 514 cod. nav. quanto quella dell’art. 1895 c.c. originano dall’art. 430 cod. comm. 1882, il quale sanzionava con la nullità il contratto concluso quando l’assicuratore o l’assicurato già conoscessero la mancanza o la cessazione del rischio. La norma del codice di commercio, posta a protezione dell’interesse dell’assicuratore e dell’assicurato a non subire frodi dall’altra parte, non impediva perciò di assicurare il fatto già accaduto ma ignorato da entrambe le parti. Nel passaggio dal codice di commercio alla codificazione civile e marittima del ’42, l’assicurabilità dell’evento soggettivamente ignorato è risultata confinata al solo campo delle assicurazioni marittime e aeronautiche, in quanto espressamente contemplata solo nel codice della navigazione: qui infatti si afferma che “se il rischio non è mai esistito o ha cessato di esistere ovvero se il sinistro è avvenuto prima [continua ..]
Altri due profili della sentenza n. 3622/2014 meritano considerazione. A differenza dei due precedenti in argomento, i quali avevano sì riconosciuto la validità delle clausole claims made, ma ricorrendo ad una non condivisibile detipizzazione del contratto, ex art. 1322, comma 2, c.c., la sentenza n. 3622/2014 riconosce le clausole claims made come pattuizione legittima nell’ambito del contratto di assicurazione della responsabilità civile ex art. 1917 c.c., da apprezzarsi al più quale deroga pattizia alla disciplina legale [20]. Questo approccio merita adesione, anche perché chiarisce che il disposto dell’art. 1917 c.c., nella parte in cui si riferisce al “fatto accaduto durante l’assicurazione” è norma non prescrittiva, ma descrittiva di una mera regola di frequenza; sicché una pattuizione che fa coincidere il sinistro con le richieste di risarcimento pervenute durante l’assicurazione non identifica diversa fattispecie, ma si limita a precisare quale dei vari momenti in cui può essere scandito l’illecito civile dedotto nel contratto (act committed, loss occurrence, claims made) è rilevante per l’insorgenza dell’obbligazione indennitaria: la clausola claims made, in definitiva, definisce il sinistro o, meglio, il rischio assicurato, ma senza fondare una nuova fattispecie di assicurazione. Come già accennato, in un passaggio della motivazione della sentenza n. 3622/2014 si legge che le clausole claims made agiscono quale deroga pattizia alla disciplina legale e, “nei casi simili a quello in esame”, vale a dire per quelle richieste di risarcimento che si pongono in relazione ad eventi già verificatisi prima della stipula del contratto “sono favorevoli per l’assicurato, sicché non viene in considerazione il divieto di deroghe alla disciplina ordinaria di cui all’articolo 1932 c.c.”. L’assunto suscita alcune perplessità. Anzitutto, l’art. 1932 c.c. impedisce, se non in senso più favorevole all’assicurato, la deroga pattizia del solo 3 e 4 comma dell’art. 1917 c.c., rispettivamente in materia di ripartizione delle spese di lite e di chiamata in causa dell’assicuratore, sicché lo stesso non ha alcuna ragione di essere evocato al proposito delle [continua ..]