Le Sezioni Unite riconoscono, in linea di principio, la liceità della clausola claims made nelle assicurazioni r.c. in presenza di rischi caratterizzati da una eziologia incerta o lungolatenti.
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1. Il caso e l’ordinanza di rinvio alle Sezioni Unite - 2. La sentenza della Cassazione Sez. Un. n. 22437/2018 - 3. La fase precontrattuale e quella contrattuale - NOTE
Si trattava di due polizze di assicurazione r.c. con clausola claims made per i danni causati da prodotti difettosi. Nella specie il distacco e la caduta del braccio di una gru per l’edilizia aveva determinato il crollo di un magazzino adiacente al cantiere. Il sinistro si era verificato quando era in vigore la seconda polizza che prevedeva una franchigia superiore al risarcimento richiesto. Il Tribunale di Treviso aveva accolto la domanda di nullità della clausola claims made. La Corte d’appello di Venezia aveva invece escluso la nullità e la vessatorietà della clausola, sostenendo che si trattasse di una clausola delimitativa dell’oggetto del contratto. Con ordinanza 19 gennaio 2018, n. 1465 la III Sezione della Corte di Cassazione aveva rimesso alle Sezioni Unite la questione della validità della clausola claims made, sostenendo la tesi secondo la quale: 1) nell’assicurazione r.c. non è consentito alle parti di elevare al rango di “sinistri” fatti diversi da quelli previsti dall’art. 1882 c.c., ovvero, nell’assicurazione della responsabilità civile, dall’art. 1917, comma 1, c.c.; 2) nell’assicurazione della responsabilità civile deve ritenersi sempre e comunque immeritevole di tutela, ai sensi dell’art. 1322 c.c., la clausola la quale limiti l’indennizzo non già in base alle condizioni contrattuali vigenti al momento in cui l’assicurato ha causato il danno, ma in base alle condizioni contrattuali vigenti al momento in cui il terzo danneggiato ha chiesto all’assicurato di essere risarcito, c.d. clausola claims made.
Era evidente che il quesito della III Sezione della Cassazione non poteva essere accolto, se non altro perché, come rilevano le Sezioni Unite, “nel nostro ordinamento l’assicurazione secondo il modello delle clausole claims made ha trovato espresso riconoscimento legislativo”, come si desume dall’art. 11 della l. 8 marzo 2017, n. 24 sulla responsabilità sanitaria (c.d. legge Gelli) e dal d.m. 22 settembre 2016 in merito alla polizza r.c. degli avvocati. La prima norma dispone che “la copertura assicurativa deve prevedere una operatività temporale anche per eventi accaduti nei dieci anni antecedenti alla stipulazione del contratto, purché denunciati all’impresa di assicurazione durante la vigenza temporale della polizza” (deeming clause) e che “in caso di cessazione definitiva dell’attività professionale per qualsiasi causa deve essere previsto un periodo di ultrattività della copertura per le richieste di risarcimento presentate per la prima volta entro i dieci anni successivi” (sunset clause) [1]. Ne consegue che il legislatore ha già evidenziato che, nello spazio concesso dalla derogabilità (art. 1932 c.c.), nell’assicurazione della responsabilità civile, ben si colloca il modello claims made. Le Sezioni Unite hanno quindi affrontato il problema in termini generali, individuando, in linea di principio, la giustificazione della liceità della clausola claims made nella peculiare natura del rischio assicurato, vale a dire il rischio per danni da “eziologia incerta e/o caratterizzati da una lungolatenza”. Che sia questa la condizione essenziale che giustifica la deroga all’art. 1917 c.c., non era mai stato rilevato espressamente neppure dalla sentenza a Sez. Un. n. 9140/2016. È infatti soltanto in presenza di questo tipo di rischio che si giustifica la deroga all’art. 1917. La sentenza delle Sezioni Unite del 2016 aveva segnalato la difficoltà per l’assicuratore di calcolare l’importo del premio, non potendo prevedere quando il terzo danneggiato avrebbe richiesto il risarcimento all’assicurato, ma i giudici, pur essendo consapevoli della eventuale retroattività della copertura, non ne avevano evidenziato il motivo, vale a dire la stipulazione del contratto da parte di un assicurato [continua ..]
Per quanto riguarda la fase precontrattuale si applica la disciplina della distribuzione dei prodotti assicurativi di cui al capitolo IX, Capo III, del codice delle assicurazioni, con particolare riguardo all’art. 119 bis, a norma del quale il prodotto assicurativo offerto deve essere adeguato alle esigenze dell’assicurando, in termini di copertura e di importo del premio. Nella fase contrattuale, osservano le Sezioni Unite, si colloca su di un piano di assoluta criticità la clausola che attribuisce all’assicuratore la facoltà di recesso dopo il sinistro, “in ragione della frustrazione dell’alea del contratto, che si viene a parametrare sul termine ultimo di durata della copertura assicurativa, rispetto alla quale i premi stessi sono calcolati e corrisposti”. La sentenza in esame, come già rilevato, ha il merito di avere circoscritto espressamente per la prima volta la legittimità della clausola “richiesta fatta” (claims made) nell’assicurazione r.c. di rischi a eziologia incerta e/o lungolatenti. Le Sezioni Unite lasciano però aperta una serie di problemi, in primo luogo perché si tratta di una clausola che si presenta in molteplici varianti, coerenti con la peculiarità del rischio assicurato. Ad es. la retroattività della copertura è irrilevante qualora l’assicurando abbia stipulato il contratto all’inizio dell’attività. Non solo, fatta eccezione del caso che si tratti di una clausola prevista da una assicurazione r.c. obbligatoria, l’assicurando è libero di scegliere il tipo di clausola richiesta fatta, a condizione che sia stato adeguatamente informato e il premio sia adeguato al tipo di copertura. Il sinistro si verifica quando l’assicurato riceve la richiesta di risarcimento del danneggiato. Tuttavia, considerato che il danno può aver causato una pluralità di danneggiati, il sinistro può tradursi in una pluralità di richieste di risarcimento. Per comprendere il motivo del divieto dobbiamo soffermarci sul caso particolare che ha originato l’ordinanza della terza sezione della Cassazione. Si trattava di un’assicurazione r.c. prodotti difettosi. Un caso quindi nel quale il difetto del prodotto può generare danni in serie. Una circostanza tenuta ben presente in questo tipo di copertura, nella quale, di regola, è presente la [continua ..]