L’atto di “intermediazione assicurativa” è quello che appaia oggettivamente tale, a prescindere dalle intenzioni che abbia chi lo compia. Ne consegue che l’assicuratore della responsabilità civile dell’intermediario assicurativo è obbligato a risarcire i danni causati dall’intermediario ai clienti, a nulla rilevando che questi, al momento in cui riscosse i premi, avesse intenzione di appropriarsene, e non già di destinarli alla stipula d’un contratto di assicurazione (1).
Le consulenze fornite da un intermediario assicurativo e relative agli strumenti finanziari nei quali verrà investito il premio versato dall’assicurato, nell’ambito d’una operazione di capitalizzazione, sono soggette alle regole dettate dal diritto comunitario in tema di intermediazione assicurativa (Direttiva 2002/92/CE, nella specie applicabile ratione temporis), e non a quelle in tema di intermediazione finanziaria (nella specie, Direttiva 2004/39/CE, c.d. “MiFiD”) (2).
(1) La sentenza in parte ribadisce princìpi consolidati in tema di intermediazione assicurativa: in particolare, quello secondo cui per l’ordinamento comunitario costituisce “intermediazione” il compimento di uno qualsiasi degli atti previsti dalla direttiva 2002/92/CE. Altre affermazioni, per contro, sono strettamente connesse al diritto dell’ordinamento svedese (il giudice rimettente era la Corte Suprema svedese), ed appaiono perciò difficilmente compatibili con l’ordinamento italiano.
Apprendiamo infatti dalla motivazione della sentenza che il giudizio a quo era stato introdotto da alcuni assicurati (truffati da un intermediario che aveva riscosso i premi per poi distrarli in proprio favore) nei confronti dell’assicuratore della responsabilità civile dell’intermediario, ed apprendiamo altresì che per l’art. 5, comma 7, della legge svedese sull’intermediazione assicurativa l’intermediario è tenuto a risarcire i danni dolosi o colposi causati all’assicurato. Ma se l’intermediario avesse causato un danno con dolo, tale forma di responsabilità per la nostra legge non potrebbe essere coperta da assicurazione (art. 1900 c.c.), e l’assicuratore della r.c. dell’intermediario non potrebbe comunque essere chiamato a risponderne, quand’anche esistesse un’azione diretta della vittima: non perché l’atto di mediazione “simulato” sfugga alla copertura assicurativa, ma perché vi sfugge l’atto doloso.
(2) La massima risolve un annoso problema, che si è presentato non solo a livello comunitario, ma anche negli ordinamenti dei singoli Stati membri: ovvero il problema della individuazione del confine tra prodotti finanziari e prodotti assicurativi-finanziari, e di conseguenza del confine tra intermediazione assicurativa e finanziaria.
In dottrina, la maggior parte degli autori che si sono occupati del problema ritiene che le norme del testo unico sull’intermediazione finanziaria (d.lgs. n. 58/1998) non si applicano ad agenti assicurativi e broker, la cui attività resta soggetta agli artt. 120 e 183 cod. ass., concernente i doveri di informazione e trasparenza, ed ai regolamenti ISVAP n. 35/2010 (sui doveri di informazione) e n. 32/2009, concernente i prodotti misti assicurativi-finanziari (M. D’Ostuni, Sottoscrizione e collocamento di prodotti finanziari emessi da imprese di assicurazioni, in L. Zitiello (a cura di), La MiFID in Italia, II ed., Torino, 2009, 669 ss.). Altri autori, tuttavia, non hanno mancato di segnalare come il coordinamento tra il d.lgs. n. 58/1998 ed il codice delle assicurazioni resti spesso problematico (G. Volpe Putzolu, La distribuzione di prodotti finanziari emessi dalle imprese di assicurazione, in questa Rivista, 2007, I, 179; C. Carlevale, I prodotti finanziari assicurativi, ivi, 2007, I, 651).
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