Nella “diuturna” azione di liquidazione del danno alla persona, con particolare riguardo al danno non patrimoniale, sia in sede stragiudiziale che in sede giudiziaria, assistiamo a troppo spesso non univoche soluzioni risarcitorie, dettate, a nostro avviso, ad una impropria considerazione dei concetti normativi, giudiziari e scientifici rappresentativi dei contenuti reali delle voci di danno stesse. Tutto ciò si riflette, ovviamente, sulla difficoltà di fornire ai soggetti preposti alla liquidazione criteri certi, conformi ed univoci soprattutto al fine di evitare lunghe e contrastanti procedure liquidative e, di conseguenza, assai spesso, lunghi e costosi processi … sino al terzo grado di giurisdizione.
È stato autorevolmente affermato [1] che prima di espandere il danno non patrimoniale occorre determinare l’esatto contenuto del danno biologico (se sia infatti comprensivo dei danni alla qualità della vita o meno), avendo tale danno in sé e per la sua natura intrinseca componenti sia statiche che relazionali.
Analogamente per quanto riguarda il c.d. danno morale (o da sofferenza psico-fisica) o emozionale sarà opportuno verificare se ed in che misura tale danno non sia già stato computato dal medico legale nella sua valutazione.
Altrimenti, in entrambi i casi, si assisterà, sempre, a … pluralità di liquidazioni per ... lo stesso pregiudizio.
Saranno, quindi, la scienza giuridica, affiancata dalla scienza medica ad individuare definizioni corrette e soprattutto esaustive: questa, dunque, è una valutazione non tanto di merito, quanto di metodo, al fine di evitare ambiguità concettuali e garantire certezze; ciò sarà, allora, possibile chiarendo nomenclature e categorie giuridiche a favore di chi deve chiedere il ristoro di un danno non patrimoniale, di chi lo deve pagare e di chi deve giudicare nel possibile e verosimile conflitto scaturente proprio da tale ambiguità concettuale.
A tale riguardo il prof. Umberto Genovese ha fornito un esaustivo quadro degli approfondimenti e delle più recenti iniziative della medicina legale in materia [2], evidenziando come la medicina legale abbia studiato e predisposto idonei strumenti valutativi della sofferenza fisica e psichica nell’ambito del danno biologico.
Sempre sul tema chiarificatorio, recentemente, si è anche espressa, la S.C. di Cass., Sez. III, con l’ord. 27 marzo 2018, n. 7513 (Pres. Travaglino, Rel. Rossetti).
Nel provvedimento si declina, ad uso didascalico, un vero e proprio decalogo di indicazioni analitiche e programmatiche proprio sulla liquidazione del danno non patrimoniale.
Infatti, lo scopo dell’ordinanza era quello di inquadrare, anche in ottica di evitare duplicazioni risarcitorie, il danno non patrimoniale (anche tabellare) specificatamente in ordine a quelle voci che non infrequentemente sono liquidate in più dai giudici, rispetto al punto di invalidità permanente riconosciuto in sede medico-legale, e, cioè, il c.d. danno alla vita di relazione ed il danno da sofferenza, anche in rapporto agli aspetti probatori ed in particolare della perizia medico-legale.
L’ordinanza in questione nasceva da una vertenza in cui il Tribunale di Frosinone liquidò un danno non patrimoniale attraverso le tabelle milanesi (38% di IPP) incrementandole, però, con una ulteriore liquidazione per un ritenuto esistente danno dinamico-relazionale (in quanto il danneggiato aveva smesso di frequentare gente, chiudendosi in casa). A sua volta, poi, la Corte d’appello di Roma, riesaminando il caso, pervenne a [continua..]