Il tema, sempre attuale e controverso, relativo alla natura delle polizze linked, viene collocato e affrontato nell’attuale contesto del mercato finanziario caratterizzato, tra l’altro, da una sempre maggiore omogeneità delle attività svolte dagli intermediari (banche, imprese di assicurazioni ed imprese di investimento) e dal graduale aumento dell’utilizzo delle polizze assicurative in funzione della raccolta del risparmio. In proposito ci si sofferma sui caratteri sintomatici che consentono di assegnare alla singola polizza la funzione di previdenza, di risparmio o di investimento.
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1. Le polizze linked nelle attività del mercato finanziario - 2. I caratteri sintomatici della natura delle polizze linked - 2.2. Il rischio finanziario - 2.3. Una proposta di qualificazione - 3. Nuovi scenari assicurativi: polizze del ramo I ed accantonamento del risparmio - NOTE
Il problema relativo alla natura delle polizze c.d. linked e, più in generale, delle polizze aventi un contenuto finanziario emesse dalle imprese di assicurazione, va considerato tutt’altro che risolto. Infatti la giurisprudenza – prevalentemente di merito – che si è pronunciata sul punto risulta ancora oscillante [1] e anche la dottrina continua ad esprimere opinioni dissonanti, quantunque risulti nettamente prevalente l’orientamento che riconduce tali figure alle logiche del mercato finanziario e ne esclude, di conseguenza, la natura assicurativa [2]. Evitando, in proposito, di rievocare questioni oramai note, quali l’avvento e l’evoluzione di tali modelli negoziali, nonché la disciplina ad essi applicabile [3], sia precedentemente che successivamente alla entrata in vigore della c.d. legge sul risparmio [4] e delle successive integrazioni a questa [5], potrebbe essere utile appuntare l’attenzione su un solo profilo specifico relativo alla qualificazione degli stessi e, segnatamente, sui criteri da seguire per stabilire se la singola polizza sottoposta all’attenzione dell’interprete sia da ricondurre all’area della previdenza, del risparmio, dell’investimento oppure, ancora, se configuri una combinazione di siffatti profili funzionali [6]. Il problema va, a nostro avviso, affrontato nel contesto del progressivo ampliamento e mutamento dell’ambito di attività delle imprese di assicurazione, che non è più rivolto in via prevalente alla copertura e al trasferimento del rischio, ossia alla stipulazione dei due tradizionali contratti aleatori – l’assicurazione contro i danni e quella sulla vita – definiti ed individuati dagli artt. 1882 e 1895 c.c. Allo stato, infatti, i contratti non assicurativi delle imprese di assicurazione stanno assumendo una dimensione sempre più significativa: oltre al fenomeno delle polizze finanziarie, sul quale si sta appuntando l’attenzione in questa occasione e che ne costituisce la manifestazione principale, vanno considerate le garanzie personali del credito – nella veste di polizze fideiussorie o cauzionali ex ramo 15, art. 2, comma 3, cod. ass. e art. 13, reg. ISVAP 16 marzo 2009, n. 29 – ed i contratti di assistenza ex artt. 1, comma 3, ramo 18 danni 175 e 346 [continua ..]
In questo scenario va, dunque, collocato il profilo problematico attinente alla esatta individuazione dei caratteri sintomatici della natura assicurativa oppure finanziaria (di risparmio e/o di investimento) o, ancora, mista (assicurativo-finanziaria) della singola polizza linked oggetto di qualificazione. La premessa del ragionamento che si sta avviando – suscettibile, evidentemente, di essere solo posta ma non dimostrata e neppure illustrata in questa sede – è che il contratto di assicurazione sulla vita definito dal legislatore nell’art 1882 c.c. e richiamato nel ramo I, dell’art. 2, comma 1, cod. ass., è da considerare connotato da una struttura aleatoria e da una funzione previdenziale. Più precisamente, configura un meccanismo tramite il quale, con l’attribuzione di un preciso rilievo giuridico ad una situazione di incertezza, rappresentata dall’incidenza della sopravvivenza o della morte sull’an o sul quantumdella prestazione di una delle parti (solitamente ma non necessariamente dell’assicuratore) [12], viene realizzata una funzione previdenziale, consistente nel garantire all’assicurato le risorse economiche necessarie a far fronte all’evento incerto (morte o sopravvivenza) contemplato [13]. È il caso di precisare, in limine, che la funzione previdenziale in senso stretto, caratterizzata dal vincolo oggettivo di destinazione di una determinata risorsa alla realizzazione di un bisogno della vita umana ritenuto sul piano sociale particolarmente meritevole, può anche realizzarsi mediante un negozio non aleatorio [14]. Tuttavia, richiedendo l’alea come condizione di validità del contratto di assicurazione (artt. 1882 e 1895 c.c.) [15] e la contestuale destinazione dello schema di cui agli artt. 1919 ss. c.c. alla realizzazione di interessi relativi alla vita umana particolarmente significativi (art. 38 Cost.) [16], il legislatore italiano ha forgiato il tipo contrattuale assicurazione sulla vita definito dall’art. 1882 c.c. collegando inscindibilmente alea e funzione previdenziale, di guisa che l’eventuale realizzazione di interessi previdenziali, al di fuori di tale meccanismo, fuoriesce dal tipo appena evocato e dalla disciplina ad esso applicabile. Da quanto osservato deriva che per poter essere considerato un contratto di [continua ..]
In ordine al secondo requisito, ossia alla previsione di una prestazione di ammontare adeguato a soddisfare i bisogni previdenziali in caso di accadimento dell’evento, occorre anzitutto verificare se il contratto preveda una garanzia di restituzione del premio versato. In assenza di tale garanzia o in presenza di una garanzia inferiore al premio versato (c.d. garanzia parziale), l’assenza della funzione previdenziale appare del tutto evidente: qualora, infatti, la determinazione della prestazione dell’assicuratore dipenda da fattori esterni, quali l’andamento del mercato finanziario, l’assicurato, nel momento in cui dovesse verificarsi l’evento e, quindi, maturare le esigenze economico-previdenziali, potrebbe trovarsi senza alcuna risorsa o, comunque, con una risorsa incerta e/o insufficiente per far fronte alle stesse. È, dunque, coessenziale alla funzione previdenziale, che una parte considerevole della prestazione dovuta in caso di accadimento dell’evento sia certa ed insuscettibile di variare in ragione dei parametri del mercato finanziario [20]. Qualora sia prevista una garanzia di restituzione (almeno) del premio versato sorgono, invece, maggiori problemi, in quanto diviene ineludibile precisare, su un piano generale, in quale misura la prestazione dell’impresa deve essere predeterminata e in che misura, viceversa, può variare in relazione all’andamento del mercato finanziario, affinché possa essere preservata (ancorché in parte) la funzione previdenziale o comunque, l’indole assicurativa del negozio [21]. Non essendo evidentemente consentito, in questa sede, sviluppare questo tema che condurrebbe, in definitiva, a indagare in profondità gli esatti confini del contratto di assicurazione sulla vita, approfondendo, sul piano della disciplina settoriale e, segnatamente, di quella regolamentare, i confini tra lepolizze del ramo I con gestione separata da un parte, quelle Unit Linked del ramo III con fondo interno e con garanzia di restituzione del premio corrisposto da un’altra parte e il contratto di capitalizzazione di cui al ramo V da un’altra ancora [22], ci limitiamo, in questa sede, a considerare persuasivo il criterio – già incidentalmente indicato in altra occasione [23] – che considera sussistente la natura propriamente assicurativa della [continua ..]
Su queste basi può, quindi, avanzarsi una proposta di qualificazione per le polizze variabili o collegate (Linked) del ramo III, rilevando che: (i) in quelle senza garanzia o con garanzia parziale di restituzione del capitale, dal momento che manca tout court la funzione previdenziale si è innanzi ad un negozio finanziario, di puro investimento [26]; (ii) nelle figure che prevedono la garanzia della restituzione dell’intero capitale, è preservata in parte la funzione previdenziale, ma al di fuori dal meccanismo assicurativo: dunque è configurabile un prodotto finanziario di risparmio con una venatura previdenziale; (iii) nelle polizze con garanzia della restituzione dell’intero capitale e di un apprezzabile rendimento, infine, viene realizzata la funzione previdenziale e si è innanzi ad un contratto misto, con prevalente funzione assicurativa e con una componente finanziaria di investimento.
Il bassissimo incremento dell’indice di inflazione o, financo, la situazione di vera e propria deflazione che hanno caratterizzato l’andamento dell’euro negli ultimi anni e che hanno determinato una bassissima remunerazione dei depositi bancari, delle obbligazioni bancarie e dei titoli di stato e, ancora, l’introduzione [27] dell’istituto del bail-in che, come è noto, pone a carico degli azionisti in primis e dei creditori (obbligazionisti, depositanti e correntisti) in secundis, il rischio del dissesto della banca esponendo questi ultimi alla possibilità di polverizzare il capitale versato se superiore ai 100.000,00 euro (protetti dal Fondo di garanzia) [28], costituiscono, a nostro avviso, le concause della riconduzione del risparmio privato in misura sempre maggiore verso il mercato assicurativo e, segnatamente, verso le polizze del ramo I con gestioni separate. I modelli di polizze solitamente proposti ai risparmiatori dalle banche – in qualità di intermediari assicurativi – in alternativa, appunto, ai depositi, alle obbligazioni bancarie e ai titoli di stato, prevedono il pagamento di un premio unico pari alla somma che si intende accantonare, il diritto di riscatto senza penalità a partire dal secondo o dal terzo anno, e una prestazione dell’impresa non inferiore in ogni caso al capitale versato (che risulta, quindi, interamente garantito) che prevede la remunerazione del medesimo capitale, generalmente incerta [29], in quanto dipendente dal risultato delle gestioni separate (oscillante, di norma, tra il 2% e il 3% annuo). Al fine di giustificare l’inclusione nel ramo I, il contratto prevede un modestissimo rischio demografico, non superiore (e assai spesso molto inferiore) all’1% della prestazione promessa. In caso di morte dell’assicurato, infatti, viene prevista a favore del beneficiario o dei beneficiari indicati nella polizza il menzionato incremento della somma che sarebbe spettata all’assicurato medesimo in caso di riscatto anticipato o alla scadenza del contratto. Valutando tali fattispecie alla luce dei criteri, poc’anzi illustrati, sulla base dei quali abbiamo ritenuto di individuare le funzioni di previdenza, risparmio ed investimento, reputiamo che la sostanziale mancanza di rischio demografico che caratterizza queste polizze, allontani le [continua ..]