Il presente lavoro mira ad evidenziare gli aspetti acquisiti e consolidati dal punto di vista del diritto dell’Unione europea in materia di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile autoveicoli come anche quelli che rimangono oggetto di discussione a livello giurisprudenziale e dottrinale. Il lavoro prende le mosse da un’analisi della tendenza legislativa euro-unitaria al rafforzamento della tutela delle vittime degli incidenti stradali sfociata, da ultimo, nella direttiva 2009/103/CE che recepisce e cristallizza il trend a favore della tutela delle vittime della circolazione stradale tipico delle direttive precedenti ormai abrogate. Il lavoro sottolinea come resti tutt’ora intatta la competenza degli Stati membri dell’UE in merito alla scelta del regime di responsabilità civile, inclusa la definizione della tipologia e della liquidazione dei danni risarcibili. Peraltro la Corte di Giustizia mantiene in ogni caso il controllo circa il carattere non eccessivamente sproporzionato dell’indennizzo previsto dal diritto interno, come ha dimostrato anche nella sentenza Petillo del 23 gennaio 2014 in causa 371/12 in cui ha affermato la validità dal punto di vista euro-unitario dell’art. 139 cod. ass. Per quanto attiene ai sinistri transfrontalieri la legge applicabile è individuata dal Regolamento (CE) n. 864/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio dell’11 luglio 2007 sulla legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali (Roma II). Si sottolineano le ragioni di giustizia sostanziale che dovrebbero condurre l’interprete a valorizzare la clausola di salvaguardia dei “collegamenti manifestamente più stretti” per giungere ad applicare la legge dello Stato di residenza della vittima o dei suoi eredi, data la maggiore rilevanza di tale giurisdizione rispetto a quella, sovente affatto casuale, del luogo del sinistro. Infine si esamina la ricca giurisprudenza della Corte di Lussemburgo circa la nozione autonoma di “circolazione dei veicoli” in rapporto all’art. 122 cod. ass. anche alla luce della recente ordinanza interlocutoria n. 33675/2019 della Terza Sessione della Corte di Cassazione che rinvia la questione alle Sezioni Unite.
This paper aims to highlight the aspects that are well-established from the point of view of European Union law on compulsory motor liability insurance as well as those which remain subject of debate at jurisprudential and doctrinal level. The work starts from an analysis of the E.U. law legislative trend to strengthen the protection of victims of road accidents, which ultimately resulted in Directive 2009/103 / EC which basically incorporates the trend in favor of the protection of victims of road accidents typical of the five previous directives now repealed. The work underlines that the competence of E.U. member states remains intact regarding the choice of the civil liability regime, including the definition of the type and quantification of compensable damages. However the European Court of Justice maintains control over the fact that national legislation on compensation does not automatically exclude or disproportionally limit the victim’s right to compensation, as reaffirmed by the Petillo judgment of 23 January 2014 in case 371/12 which confirms the legitimacy, from the point of view of E.U. law, of Article 139 of the Private Insurance Code. With regard to cross-border accidents, the applicable law is identified by Regulation (EC) No 864/2007 of the European Parliament and of the Council of 11 July 2007 on the law applicable to non-contractual obligations (Rome II). Reasons of justice and fairness should lead the Courts to apply the safeguard clause of “manifestly more closely connection” to reach the application of the law of the State of residence of the victim or his heirs, given the greater relevance of this law compared to the, often quite random, law of the place of the accident. Finally, the paper examines the jurisprudence of the European Court of Justice concerning the autonomous notion of “use of vehicles” in relation to Article 122 of the Private Insurance Code, also in light of the recent interlocutory ordinance no. 33675/2019 of the Third Session of the Court of Cassation which refers the matter to the Joint Sections of the Court of Cassation.
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1. L'obiettivo precipuo dell’evoluzione del diritto euro-unitario dell'assicurazione della r.c.a.: tutelare le vittime degli incidenti causati da un autoveicolo, assicurandogli in ogni caso il risarcimento dei danni - 2. La riserva a favore degli Stati membri circa il regime di responsabilità civile e il controllo da parte della Corte di giustizia dell’Unione europea sull’adeguatezza dei risarcimenti riconosciuti alle vittime dei sinistri dalle normative nazionali - 3. Un caso peculiare: il risarcimento del danno tanatologico - 4. L'identificazione della legge applicabile nei sinistri cross-border - 5. La legge applicabile al risarcimento dei danni subìti dalla vittima non residente in Italia per un sinistro avvenuto in Italia - 6. La legge applicabile al risarcimento dei danni subìti dagli eredi non residenti in Italia della vittima deceduta per un sinistro avvenuto in Italia - 7. Il concetto di 'circolazione' dei veicoli: l'art. 122 cod. ass. e la giurisprudenza della Corte di giustizia - NOTE
Questo scritto si propone di rilevare, nella prospettiva euro-unitaria, i princìpi che si possono ritenere ormai acquisiti e quindi consolidati ma anche le questioni ancora aperte nella materia dell’assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione di autoveicoli. Incominciando dalle tendenze e dai principi consolidati non è dubbio che l’architrave dell’intero sviluppo del diritto europeo delle assicurazioni in materia di r.c.a. sia costituito dall’obiettivo di tutelare nella misura massima possibile le vittime di incidenti stradali. La Direttiva 2009/103/CE [1], che ha abrogato le precedenti cinque direttive in materia di assicurazione della r.c.a. accorpandole, con lievi modifiche, in una sorta di testo unico euro-unitario dell’assicurazione della r.c.a. ha “cristallizzato” l’evoluzione del diritto dell’Unione europea volta ad incrementare la tutela delle vittime della circolazione stradale [2]. La Direttiva 2009/103/CE è il punto finale di tale evoluzione che è stata ricostruita nel suo progressivo dipanarsi in particolare dalla Corte di giustizia (Terza Sezione) nella sentenza 4 settembre 2014 nella causa C-162/13 affare Damijan Vnuk. Tale sentenza, che riguarda le nozioni di “circolazione” e di “uso del veicolo” e che riprenderò pertanto quando tratterò della nozione autonoma euro-unitaria di “circolazione dei veicoli” nonché della compatibilità con essa dell’art. 122 cod. ass., contiene un sintetico e preciso excursus sulla evoluzione del diritto dell’UE in materia di assicurazione obbligatoria. Infatti il giudice di Lussemburgo procede ad “analizzare l’economia generale e le finalità della normativa dell’Unione in materia di assicurazione obbligatoria, di cui l’articolo 3, paragrafo 1, della prima direttiva 72/166/CEE del 24 aprile 1972 è parte. Articolo che dispone che “Ogni Stato membro adotta tutte le misure appropriate … affinché la responsabilità civile relativa alla circolazione dei veicoli che stazionano abitualmente nel suo territorio sia coperta da un’assicurazione. L’assicurazione di cui al primo comma copre obbligatoriamente i danni alle cose e i [continua ..]
Veniamo ora alla materia sottostante ed oggetto dell’assicurazione obbligatoria, ossia la responsabilità civile auto. È importante sottolineare che queste direttive impongono che la responsabilità civile sia coperta dall’assicurazione, ma non si occupano, in linea di principio, della responsabilità civile in re ipsa. Ciò nel senso che le direttive si occupano esclusivamente del profilo assicurativo e impongono il risultato della assicurazione, ma non si preoccupano di stabilire quale modello di responsabilità civile sia da adottare, quale sia il quantum da risarcire per le singole tipologie di danno e così via. Sotto questo profilo vi è una carenza del diritto dell’UE, che oggi sconta il fatto che lo stesso sinistro sia valutato in modo talvolta marcatamente differente in termini di risarcimento del danno non patrimoniale e anche del danno patrimoniale, da uno Stato membro all’altro. Vi sono tra gli Stati membri dell’UE disparità di valutazione eclatanti e ben note agli specialisti della materia. Ma questo è lo stato dell’arte del diritto europeo: gli Stati membri non hanno rinunciato a questa competenza e quindi il giudice europeo, su questo punto, non può fare molto per favorire anche solo l’armonizzazione delle discipline nazionali, dovendo prendere atto della riserva di competenza degli Stati membri sulla materia della liquidazione dei danni da sinistri stradali e, ancor prima, del modello di attribuzione della responsabilità, ivi compresi i criteri sul concorso di colpa. Ciò nonostante sarebbe errato dire che il diritto dell’UE e la Corte di giustizia si disinteressino completamente della responsabilità civile derivante dalla circolazione automobilistica. Pur essendovi il già detto rinvio al diritto interno sulla r.c.a. per quanto attiene alla definizione del regime di responsabilità civile, comunque questo regime non deve eludere la finalità delle direttive europee ovvero che sia assicurato il risarcimento del danno alle vittime: dunque il rinvio al diritto interno esiste, ma non è “in bianco”. Va riconosciuto, ancora una volta, il merito della Corte di giustizia – nella sua perenne missione per garantire la massima efficacia possibile alle norme dell’Unione europea ed i diritti che ne discendono in capo alle [continua ..]
Mi pare utile accennare in questo contesto alla discussa questione della risarcibilità del danno c.d. tanatologico alla luce del diritto dell’Unione Europea. Occorre ribadire quanto ho avuto modo di chiarire nel precedente paragrafo, ossia che la disciplina responsabilità civile non è stata oggetto a livello europeo di una significativa armonizzazione e men che meno di una riconduzione ad unità. Esistono e concorrono tra di loro in Europa ventisette regimi risarcitori, ognuno con le proprie caratteristiche, pregi e difetti compresi. Le istituzioni europee sono bensì intervenute con direttive su determinate e specifiche fattispecie di responsabilità civile, quali ad esempio la responsabilità del produttore (Direttiva 85/374 CEE), ma si tratta, appunto, di direttive settoriali, mancando quindi un formante europeo omogeneo e complessivo. A sua volta il regolamento n. 864/2007, c.d. Roma II – di cui tratterò tra breve – mira, ai fini della certezza del diritto, ad armonizzare le norme di conflitto in materia di obbligazioni extracontrattuali. Il regolamento in parola non è invece inteso ad armonizzare il diritto materiale degli Stati membri dell’Unione europea in materia. Non ritengo si possa validamente sostenere che la negazione del danno tanatologico operata dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite nella sentenza n. 15350/2015 in contrasto con la sentenza n. 1361/2014, determini una privazione eccessiva o sproporzionata del diritto delle vittime al risarcimento del danno in base ai princìpi sviluppati dalla Corte di giustizia. È infatti un dato significativo – sottolineato anche nella sentenza delle Sezioni Unite – che il solo ordinamento che prevedeva un danno configurato come nella sentenza 1361/2014 è quello portoghese. Il fatto stesso che uno solo tra i ventisette ordinamenti statuali facenti capo all’UE riconoscerebbe questa figura specifica di danno fa ritenere che, nella prospettiva euro-unitaria, non sia “sproporzionato” o “irragionevole” escludere che esso sia configurabile e quindi risarcibile. Si può anzi sostenere, data la convergenza sul punto degli ordinamenti nazionali, che esista un principio generale di diritto comune agli ordinamenti degli Stati membri, in quanto tale riconducibile alla categoria dei princìpi generali di diritto dell’Unione [continua ..]
Un’ulteriore materia su cui interviene il diritto dell’UE in modo rilevante è quella dei sinistri transnazionali, ossia di quei sinistri che presentano contatti con più giurisdizioni statuali. La legge applicabile è infatti individuata dal Regolamento (CE) n. 864/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio dell’11 luglio 2007 sulla legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali (Roma II) [7]. La norma generale sancita dall’art. 4 del regolamento stabilisce che “La legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali che derivano da un fatto illecito è quella del paese in cui il danno si verifica, indipendentemente dal paese nel quale è avvenuto il fatto che ha dato origine al danno e a prescindere dal paese o dai paesi in cui si verificano le conseguenze indirette di tale fatto”. Tale disposizione prevede dunque l’applicazione della c.d. lex loci damni. La più rilevante eccezione all’applicazione della lex loci damni è rappresentata da quella indicata al par. 3 del medesimo art. 4. Ivi si stabilisce che “Se dal complesso delle circostanze del caso risulta chiaramente che il fatto illecito presenta collegamenti manifestamente più stretti con un paese diverso da quello di cui ai paragrafi 1 o 2, si applica la legge di quest’altro Paese …”. Si prevede, in tal guisa, una vera e propria clausola di eccezione rispetto all’applicazione della lex loci damni. L’obiettivo di tale clausola derogatoria generale è introdurre un elemento di flessibilità, consentendo al giudice di adattare la regola al caso concreto e di applicare così la legge che coincide con l’effettivo centro di gravità della fattispecie extracontrattuale. Il giudice applica dunque una legge diversa dalla lex loci damni tutte le volte che la fattispecie presenti maggiori collegamenti con la legge di un altro paese.
Le sopra indicate regole servono ad individuare la legge applicabile anche agli illeciti transfrontalieri in relazione ai quali sussista una copertura assicurativa obbligatoria o facoltativa. Ciò fa sì che, in linea di principio, spetti alla lex loci damni determinare l’an ed il quantum dei danni risarcibili anche in relazione ad illeciti cui inerisca un contratto di assicurazione della responsabilità civile. Quindi ciò vale anche nelle cause in cui l’assicuratore del responsabile civile venga chiamato in giudizio con l’azione diretta ad opera della vittima dal sinistro. Quando l’incidente abbia luogo in Italia ciò comporta che prima facie sia la legge italiana a dover essere applicata dal giudice e ciò anche se il danneggiato sia una persona che non risieda e che in ipotesi non presenti alcun collegamento significativo con l’Italia. Il risarcimento sarebbe regolato dalla legge italiana anche se il danneggiato dall’incidente sia, per fare un’ipotesi estrema, un turista che si trovi a dimorare per un solo giorno sul territorio italiano. Ora a mio parere questa soluzione non è affatto soddisfacente. Infatti in materia di incidenti stradali la lex loci damni non è quella che presenta il più stretto collegamento con la fattispecie. In particolare in materia di incidenti stradali è piuttosto il criterio della residenza della vittima (o del suo erede, in caso di decesso della stessa) che è decisivo. Questa valutazione trova un preciso riscontro proprio nel regolamento Roma II. Infatti al considerando trentatré si afferma che “Conformemente alle norme nazionali vigenti in materia di risarcimento concesso alle vittime di incidenti stradali, è opportuno che, nel quantificare i danni per lesione alla persona qualora l’incidente abbia luogo in uno Stato diverso da quello di residenza abituale della vittima, il giudice adito tenga conto di tutte le circostanze di fatto riguardanti la vittima, compreso l’effettivo lucro cessante e le spese del trattamento medico e riabilitativo” [8] . Nello stesso senso depongono le acute conclusioni dell’Avvocato Generale Nils Wahl presentate il 10 settembre 2015 in causa Lazar c. Allianz S.p.A. C-350/14 che sottolineano come il giudice debba tener [continua ..]
Veniamo ora a trattare della legge applicabile al risarcimento dei danni subìti dagli eredi non residenti in Italia della vittima deceduta in un incidente stradale avvenuto in Italia. Qui rileva la già citata sentenza della Corte di giustizia del 10 dicembre 2015 Lazar c. Allianz S.p.A. in causa C-350/14. La Corte di giustizia è stata chiamata dal Tribunale di Trieste, con un rinvio pregiudiziale, ad interpretare la nozione di “conseguenze indirette” contenuta nell’art. 4, par. 1, del regolamento Roma II, il quale, come si visto sopra, sancisce che la legge applicabile al fatto illecito è la legge del luogo del danno, a prescindere dal paese in cui si verificano le “conseguenze indirette” di tale fatto. La causa davanti il Tribunale di Trieste vedeva come parte attrice – per quanto di rilievo ai fini del rinvio pregiudiziale – il sig. Florin Lazar, cittadino rumeno residente in Romania, padre della signora Florin, cittadina rumena residente in Italia, deceduta in Italia in seguito ad investimento ad opera di un veicolo non identificato, con conseguente intervento del Fondo di garanzia per le vittime della strada ed indicazione di Allianz S.p.A. quale impresa designata dal Fondo. Il Tribunale di Trieste domanda, con la propria ordinanza di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia, se il danno morale e patrimoniale subìto dal padre per la morte della figlia debba essere qualificato come un danno autonomo, oppure come una “conseguenza indiretta” del danno subìto dalla figlia. Si noti che la questione è dirimente, dato che se si sceglie la prima soluzione, ossia che il danno subìto dal padre sia un danno autonomo – distinto da quello subito dalla figlia – si deve applicare la legge rumena per la individuazione dei danni risarcibili e per la quantificazione del risarcimento, posto che tale autonomo pregiudizio deve ritenersi sorto nel paese di residenza del padre, la Romania. Viceversa se si opta per la seconda soluzione, ossia si qualifica il danno subìto dal padre come “conseguenza indiretta”, si disconosce l’autonomia di tale pregiudizio e si finisce inevitabilmente per applicare all’an ed al quantum di questo pregiudizio la legge del luogo dell’incidente, nella specie quella italiana. La Corte di giustizia ha operato questa seconda scelta. Essa ha ritenuto [continua ..]
Vengo ora trattare uno dei temi più attuali nel diritto europeo delle assicurazioni, tema che ha oltretutto decisive ricadute proprio per il nostro ordinamento giuridico: si tratta della definizione della nozione di “circolazione dei veicoli” che è stata oggetto di numerose, anche recenti, sentenze interpretative della Corte di giustizia ed inoltre, da ultimo, dell’ordinanza interlocutoria della Terza Sezione della Corte di Cassazione n. 33675/2019 del 18 dicembre 2019 [11] che ha rimesso alle Sezioni Unite il quesito su come debba essere interpretata la nozione di “circolazione su aree equiparate alle strade di uso pubblico” di cui all’art. 122 cod. ass. Non nuocerà riportarne il testo: “1. I veicoli a motore senza guida di rotaie, compresi i filoveicoli e i rimorchi, non possono essere posti in circolazione su strade di uso pubblico o su aree a queste equiparate se non siano coperti dall’assicurazione per la responsabilità civile verso i terzi prevista dall’art. 2054 del codice civile e dall’articolo 91, comma 2, del codice della strada. Il regolamento, adottato dal Ministro dello sviluppo economico, su proposta dell’IVASS, individua la tipologia di veicoli esclusi dall’obbligo di assicurazione e le aree equiparate a quelle di uso pubblico”. Il Ministero dello Sviluppo economico ha quindi adottato il decreto 1° aprile 2008, n. 86 intitolato “Regolamento recante disposizioni in materia di obbligo di assicurazione della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti di cui al Titolo X Capo I, e al Titolo XII, Capo II, del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209 – Codice delle assicurazioni private”. L’art. 3 del decreto intitolato “Veicoli a motore” dispone che: “1. Sono soggetti all’obbligo di assicurazione per la responsabilità civile verso i terzi di cui all’articolo 122 del Codice tutti i veicoli a motore senza guida di rotaie, compresi i filoveicoli e rimorchi posti in circolazione su strade di uso pubblico o su aree a queste equiparate. Ai fini di cui al comma 1: a) sono equiparate alle strade di uso pubblico tutte le aree, di proprietà pubblica o privata, aperte alla circolazione del pubblico; b) sono considerati in circolazione anche i veicoli [continua ..]