(Sez. III) – 19 dicembre 2019, n. 6319 – Pres. Spirito, Est. Di Florio, P.M. Pepe – Eurovita S.p.A. (avv. Pingue, Lo Conte) c. Cassa di Risparmio di Cento S.p.A. (avv. Giuffrè, De Nunzio).
(Sentenza impugnata: App. Torino n. 849/2016)
Nelle polizze linked la qualifica come operazione assicurativa implica la presenza del rischio demografico, rispetto al quale occorre verificare l’entità della copertura assicurativa, desumibile dall’ammontare del premio versato dal contraente rispetto al capitale garantito, dall’orizzonte temporale e dalla tipologia dell’investimento (1).
1. Le (ulteriori) considerazioni della Cassazione sulla validitā delle polizze unit linked - 2. Le nuove categorie normative in materia di prodotti finanziari assicurativi - 3. Gli effetti possibili in chiave di armonizzazione - NOTE
1.1. A distanza di poco meno di un anno rispetto alla ordinanza del 30 aprile 2018, n. 10333, la Terza Sezione del Supremo Collegio incrocia, nuovamente, il tema della qualifica di una polizza unit linked come operazione assicurativa. E lo fa affrontandolo dalla prospettiva dell’assenza del rischio demografico, creando una forte frizione di tipo interpretativo [1]. (…) La previsione generale contenuta nell’art. 2 d.lgs. 209/2005 in ordine alle polizze denominate “linked”, e cioè quelle nelle quali l’obbligazione principale dell’assicuratore è collegata al valore di organismi di investimento del risparmio o di fondi interni o comunque ad indici predeterminati di riferimento, non vale a far concludere apoditticamente per l’inclusione automatica di tali polizze nello schema legale (artt. 1882 – 1895 c.c.) del contratto di assicurazione, la cui causa deve essere rinvenuta nel trasferimento del rischio dall’assicurato all’assicuratore, rischio che, a pena di nullità, deve esistere alla stipula del contratto (…). (…) Rientrano senz’altro nella fattispecie tipica di cui all’articolo 1882 c.c. le polizze che operano la sostituzione della prestazione fissa dell’assicuratore con una variabile, agganciata a parametri di mercato, ma che mantengono comunque il rischio demografico; in tal caso, pur attuandosi un parziale trasferimento del rischio dall’assicuratore sull’assicurato in ordine al valore finale della prestazione, il contratto mantiene comunque una funzione assicurativa, individuabile quale causa concreta del contratto, secondo gli ordinari criteri ermeneutici (…). Ed è da tali premesse che la sentenza perviene alla più grave delle sanzioni contrattuali, invocando il concetto di “nullità di protezione” che, secondo il pensiero della Corte di Giustizia, tutela interessi e valori fondamentali (di rango costituzionale) e l’equilibrio almeno formale tra contraenti forti e contraenti deboli, tali da consentire l’intervento riparatore del Giudice, indipendentemente dallo specifico vizio dedotto in giudizio [2]. Per cui, nel caso deciso, passando sotto esame la componente rischio demografico, dovevano trarsi conseguenze sulla proporzionalità tra quota finanziaria e quota assicurativa-demografica. Per concludere che l’omesso [continua ..]
2.1. Il cammino evolutivo a trazione europea vede nel d.lgs. 21 maggio 2018, n. 68 – applicativo della Direttiva 2016/97/UE, sulla Distribuzione assicurativa – lo strumento attraverso cui il legislatore manifesta di aver elaborato un approccio nuovo rispetto al tema delle unit linked, prediligendo un disegno di riforma complessivamente unitario delle regole del mercato finanziario. Nascono i c.d. “PRIIPs”, all’interno della categoria dei “Prodotti di investimento assicurativi”. Essi contemplano l’esposizione dei diritti del sottoscrittore alle fluttuazioni del mercato. L’esplicita assunzione normativa della componente di investimento, già ravvisata dalla Cassazione con riferimento alle polizze linked, a carattere distintivo degli “IBIPs”, non ha giovato all’armonizzazione civilistica, dato che, teoricamente, l’espressa valenza di investimento del prodotto non esclude il sindacato sulla meritevolezza indicato dalla Cassazione [6]. Almeno, non in mancanza di una armonizzazione tra disposizioni generali codicistiche e regole speciali, in una modalità che ricorda quanto avvenuto in materia di claims made, allorché l’orientamento del Supremo Collegio è mutato – almeno relativamente al parametro della meritevolezza – di fronte alla constatazione di come le speciali clausole avessero trovato cittadinanza nell’ordinamento attraverso le leggi introduttive dell’obbligo di assicurazione della responsabilità civile in ambito sanitario e professionale forense [7]. Sta di fatto che il d.lgs. n. 68/2018 recepisce differenti richieste del mercato, dalla capitalizzazione delle rendite implicite per attribuirle nel tempo ai rendimenti, allo svincolo dalla regola di rendimento per i derivati, alla possibilità di collocare prodotti vita con garanzia inferiore al 100% del capitale. Non c’è dubbio che le regole sulla distribuzione assicurativa sembrano superare i distinguo della lettura nomofilattica della Suprema Corte, creando uno scarto apparentemente inconciliabile. Rafforza la divergenza la presa di posizione della Corte di Giustizia 31 maggio 2018, n. 542 [8], nonché la puntuale normativa di settore delle Autorità nazionali e sovranazionali (IVASS/EIOPA), di regolazione e vigilanza. 2.2. Senza dubbio l’evoluzione [continua ..]
3.1. Un primo risultato acquisito è l’avvenuta tipizzazione del ‘prodotto di investimento assicurativo’ [12]. Ora, l’art. 1882 c.c. identifica l’operazione assicurativa vita come quella in cui, a fronte del pagamento di un premio, l’assicuratore si obbliga a riconoscere un capitale o una rendita al verificarsi di un evento attinente alla vita umana. La funzione previdenziale è ricavabile, invece, dall’art. 1923 c.c., comma 1. Ma, l’attribuzione di cittadinanza che si rinviene nella IDD e nella MIFID2 alle polizze unit linked portano a concludere che la distinzione dicotomica tra prodotti vita a contenuto finanziario e strumenti finanziari sia superata, dato che non abbia più senso, perché il legislatore comunitario, nel non chiamare in gioco una differenziazione che si basa sulla causa tradizionale, ha lasciato intendere che l’operazione assicurativa vita è un contratto da interpretare ed adattare alle esigenze dell’assicurato, anche quando includa contenuti finanziari. Quindi, legittimo ed efficace. Con la conseguenza che il vero problema per l’interprete non sarà tanto l’accertamento, rispetto ad esso, degli elementi propri del tipo, bensì il grado di corrispondenza tra prodotto e consapevolezza dell’assicurato, tutte le volte che appaia asimmetrico (anche solo in apparenza) il confronto delle posizioni assicurato/assicuratore. Quasi che l’incisività del comparto normativo sui prodotti di investimento assicurativo possa sostituire l’indagine “di protezione” fino ad ora concentratasi sulla reale natura giuridica delle polizze di ramo III e sulla adeguatezza della causa concreta. Dallo ‘Statuto” derivante dalla IDD sorgono un fascio di diritti in capo all’assicurato in termini di trasparenza ed effettiva conformità della scelta, consequenziale alla speciale assistenza che la legge prevede. Il nuovo assetto passa per l’informativa e la ricerca che l’assicurato opti per ciò che ritiene più adatto ai propri interessi. Tutto l’impianto della IDD di cui agli artt. 52 e segg. va in questa direzione ed egualmente l’art. 26 sui prodotti di investimento assicurativi. 3.2. Del resto, la normativa di attuazione della IDD evoca l’idea di una protezione sostanziale della clientela. Incertezze e mancanza di [continua ..]